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Progettare ristoranti iconici con i designer di AD Dal Pozzo

Scritto da Giacomo Casarin | 20-feb-2025 16.18.04

Nel mondo dell’interior design di alto livello, AD Dal Pozzo è sinonimo di innovazione e visione strategica. Con oltre 50 anni di esperienza, l'approccio dell'azienda al mondo della progettazione fonde bellezza, versatilità e benessere sensoriale, trasformando gli spazi in scenografie emozionali.

In questa realtà, Cinzia Boffo è una delle interior designer più apprezzate. Il suo ultimo progetto, un ristorante per un brand di lusso, è la perfetta espressione della sua filosofia: ambienti studiati nei minimi dettagli, dove spatial flow, lighting design e materiali naturali si intrecciano in una narrazione coerente.

In questa intervista, esploriamo con lei le strategie, i dettagli e la visione necessari a progettare ristoranti iconici,  che non sono luoghi di ristorazione, ma vere e proprie esperienze immersive.

 

 

Progettare un ristorante: intervista a Cinzia Boffo

Domanda. Cinzia, un ristorante non è solo un luogo in cui si mangia, ma un’esperienza multisensoriale. Qual è il punto di partenza nella progettazione?

Risposta. Un ristorante deve essere un ecosistema perfettamente bilanciato tra estetica, funzionalità e percezione. La prima domanda che mi pongo è: che tipo di esperienza vogliamo creare? Si parte sempre dal concetto, dall’anima del progetto. Deve esserci una narrativa chiara, che guidi ogni scelta: dal layout alla selezione dei materiali, dall’illuminazione alla distribuzione degli spazi. In questo progetto, ad esempio, lavoravo con spazi molto alti, impreziositi da grandi travi in lamellare e un pavimento in cemento lisciato, elementi architettonici potenti, che ho scelto di valorizzare anziché nascondere.

D. Il concetto di spatial flow è fondamentale per rendere un ristorante fruibile e accogliente. Come si progettano percorsi fluidi ed efficienti?

R. Un buon design è invisibile, ma percepibile. Se un ristorante funziona bene, è perché i suoi flussi sono stati studiati nei minimi dettagli. Personalmente, lavoro su due livelli: macro e micro.
  • A livello macro, analizzo il movimento delle persone: clienti, personale di sala, staff di cucina. Gli spazi devono essere intuitivi, con percorsi che favoriscono la convivialità, senza creare ostacoli.
  • A livello micro, studio il ritmo dello spazio: alternanza tra ambienti più intimi e aree più aperte, variazioni nei materiali per delineare percorsi senza bisogno di barriere fisiche. In questo progetto, ho sfruttato la disposizione degli arredi e la differenziazione delle texture per guidare il movimento in modo naturale.

 

 

Light design e materiali nella progettazione di ristoranti

D. Il progetto illuminotecnico è un pilastro della tua filosofia progettuale. Qual è il ruolo della luce in un ristorante?

R. Il progetto illuminotecnico è una delle prime variabili che prendo in considerazione, perché la luce trasforma la percezione dello spazio. In un ristorante, deve essere progettata per adattarsi a momenti diversi della giornata e creare atmosfere differenti.

  • Luce naturale: la sfrutto al massimo attraverso grandi aperture, superfici riflettenti e colori che amplificano la luminosità.
  • Illuminazione artificiale: lavoro su livelli diversi di luce. Puntuale sui tavoli per valorizzare i piatti; diffusa per il comfort visivo; accentuata per enfatizzare dettagli architettonici o arredi iconici.
  • Tecnologie adattive: oggi possiamo creare un’illuminazione dinamica, che cambia intensità e temperatura colore in base all’orario o all’atmosfera desiderata. Questo approccio permette di rendere ogni momento unico e personalizzato.

 

 

D. Materiali: il cemento lisciato e le travi in lamellare erano la base strutturale. Come hai lavorato su texture e materiali per rendere l’ambiente iconico?

R. Ho scelto di potenziare questi elementi anziché coprirli. Il cemento lisciato è un materiale neutro, ma con un’identità forte. Per questo motivo l’ho arricchito con materiali nobili e caldi: legno, velluto, dettagli in ottone satinato. Le travi in lamellare, con la loro altezza imponente, sono diventate un elemento caratterizzante, enfatizzate dall’illuminazione per creare profondità. È un gioco di equilibri tra pieni e vuoti, materico e impalpabile.

 

 

D. Parliamo di rivestimenti murali: come li hai usati per dare personalità agli spazi senza appesantirli?

R. Il rivestimento murale è uno strumento potentissimo per creare scenografie immersive. In questo caso, ho scelto carte da parati con texture tattili e giochi di luce che reagiscono alla luminosità ambientale. Un rivestimento murale ben studiato stratifica la percezione dello spazio, lo arricchisce senza sovraccaricarlo. È un equilibrio sottile tra carattere e discrezione.

 

La sensazione di benessere e l’identità visiva

D. Il benessere negli ambienti ristorativi è un tema centrale. Quali soluzioni adotti per rendere il design di un ristorante confortevole?

R. La biofilia, tra le altre. La componente vegetale non è solo un elemento decorativo, ma un materiale progettuale a tutti gli effetti. Le installazioni vegetali migliorano la qualità dell’aria, assorbono il rumore e creano un senso di benessere immediato.
Nel mio progetto, ho introdotto pareti verdi ed elementi sospesi che definiscono visivamente le aree senza chiuderle. In un ambiente con soffitti molto alti, il verde aiuta anche a bilanciare le proporzioni e a dare un senso di maggiore intimità, senza compromettere l’ampiezza dello spazio.

 

 

D. Un ristorante deve comunicare un’identità precisa. In questo caso il Dna del brand per cui è stato progettato. Quali strategie utilizzi per rendere unico ogni progetto?

R. Ogni ristorante deve avere una firma stilistica riconoscibile, ma mai forzata. Il brand si racconta attraverso scelte materiche, palette cromatica, dettagli su misura.
  • Per un brand minimalista, lavoro su volumi puri e texture sofisticate.
  • Per un marchio con un heritage forte, inserisco richiami iconografici o reinterpretazioni contemporanee dei suoi codici visivi.

Il trucco è far parlare il design senza bisogno di loghi o segni espliciti.

D. Qual è il segreto per un ristorante che rimane impresso nella memoria?

R. L’emozione visiva e sensoriale. Un ristorante deve stimolare tutti i sensi: il tatto dei materiali, il riflesso delle luci, il comfort degli arredi, il dialogo tra volumi e pieni/vuoti.
Se un cliente ricorda non solo il pasto, ma l’atmosfera, il mood, la sensazione di benessere provata, allora il design ha fatto il suo lavoro. La vera magia è quando tutto sembra naturale, ma ogni dettaglio è stato calibrato alla perfezione.