Cosa accomuna una famosa azienda di mobili milanese e un giovane artista turco? La risposta non è affatto scontata. Una molletta.
Addentriamoci un po’ più nello specifico: la prima è R1920, anche conosciuta come Riva, nata negli anni Venti del secolo scorso come piccola azienda votata all’artigianalità, che all’inizio degli anni Novanta con l’avvento della seconda generazione decide di dare forma alla prima, vera, collezione di mobili in legno massello. In pochi anni, il nuovo corso della famiglia Riva comincia ad affermare il proprio nome anche oltre confine.
Il secondo è, come detto, un artista poliedrico di nome Mehmet Alì Uhsal, famoso in patria quanto in ambito internazionale, con un curriculum e un portfolio di tutto rispetto. Il filo conduttore del suo lavoro sono le sperimentazioni su oggetti di uso comune, che, inseriti nello spazio, vogliono indagare la capacità di comprensione, percezione dell’ambiente circostante.
Ora che i protagonisti di questo parallelismo sono stati introdotti, veniamo al punto, la molletta.
Sì, perché queste due officine creative hanno pensato, in momenti diversi, di lasciarsi ispirare da questo semplice oggetto per stupire e incantare milioni di persone nel mondo. Come?
La molletta di Riva altro non è che una panca in legno di cedro, frutto della collaborazione coi designer Baldessari e Baldessari. Il risultato è un gioco tipico dell’arte pop, quello dell’elemento “fuori scala”. Una seduta originale e affascinante, adatta sia per l’indoor che per l’outdoor, e insieme una scultura dal forte impatto visivo, in grado di definire l’identità dello spazio circostante.
Mehmet Alì Uhsal la molletta, invece, l’ha completamente decontestualizzata, inserendola nel Chaudfontaine Park di Liegi, in Belgio, in occasione del Festival of Five Seasons, nel 2010. L’opera si intitola “Skin 2” e sembra svolgere il suo normale dovere, aggrappata com’è ad un tumulo di terra ed erba. L’effetto, viste le dimensioni, è piuttosto disorientante, ma vuole porsi l’obiettivo di far riflettere sulla presenza umana in seno all’ambiente, e sulla sua brutale incidenza.
Due omaggi al design semplice, spesso anonimo, delle cose che ci circondano nel quotidiano, la cui forza espressiva, spesso, non emerge affatto.